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Chi ha ucciso Julia Wallace?

Tony Sale / Posted on / Comments off

La donna venne brutalmente uccisa nel salotto della sua casa a Liverpool, in Inghilterra, il 20 gennaio 1931

L’Inghilterra governata da re Giorgio V nel 1931 era in uno stato di grande depressione, il primo ministro laburista James Ramsay McDonald stava affrontando un periodo di grandi cambiamenti.
Travolto dalla crisi che aveva diviso il governo laburista, nel corso dell’anno aveva formato un “governo nazionale” in cui la maggioranza dei parlamentari era composta dai conservatori. Di conseguenza, venne espulso dal partito laburista, che lo accusò di “tradimento”. Il crollo del mercato azionario di Wall Street a New
York, noto anche come Black Tuesday, era passato da poco più di un anno, negli Stati Uniti. Comprensibilmente anche il presidente Herbert C. Hoover stava attraversando un periodo difficile.

A Liverpool la disoccupazione era dilagante. La popolazione della città nel 1931 aveva raggiunto il picco di 846.101 abitanti. Tuttavia, in città era già in atto una fase di trasformazione che avrebbe portato allo sgombero di massa dei vecchi palazzi dei bassifondi che sarebbero stati rimpiazzati da eleganti appartamenti in stile art déco.

Julia Wallace nacque Julia Dennis il 28
Aprile 1861 a Bruncliffe House, nel North Riding dello Yorkshire, Inghilterra da William George Dennis e sua moglie Anne Teresa.
Julia rimase orfana a soli 2 mesi dal suo 14° compleanno. È noto che viveva a Leeds nel 1892 all’età di 31 anni, tuttavia incontrò William Herbert Wallace, quello che sarebbe diventato suo marito solo nel 1911. I due si sposarono nella chiesa parrocchiale di S. Maria il 24 marzo 1914.

Niente all’epoca avrebbe fatto pensare al tragico epilogo a cui Julia Wallace sarebbe andata incontro pochi anni dopo.

La donna infatti venne brutalmente uccisa nel salotto della sua casa coniugale a Liverpool, in Inghilterra, il 20 gennaio 1931. Il delitto è considerato da molti come uno dei più sconcertanti tra tutti i crimini irrisolti. Questo misterioso caso ha affascinato scrittori di gialli come Raymond Chandler e Dorothy L. Sayers, e ispirato il romanzo di PD James The Skull Beneath the Skin. È stato anche oggetto di un dramma televisivo, documentari investigativi e numerosi libri e articoli di cronaca nera sulla stampa. Il caso ha anche fatto la storia legale britannica: è stata la prima volta infatti che una condanna per omicidio è stata annullata in appello a seguito di una revisione delle prove.
William Herbert Wallace e sua moglie Julia vivevano in una piccola terrazza con tre camere da letto in Wolverton Street, nel quartiere popolare di Anfield, a Liverpool.
Erano sposati da 17 anni. William aveva viaggiato molto da giovane, visitando sia l’India che la Cina. Fu costretto a casa dalla malattia e incontrò Julia un paio di anni dopo il suo ritorno in Gran Bretagna. William era ora un agente assicurativo con la Prudential Assurance Company, mentre Julia era una pittrice e pianista dilettante. In effetti, sia Julia che William erano dotati musicalmente, il marito era un abile violinista. La coppia suonava e cantava spesso insieme. Julia era eccezionalmente intelligente, avendo studiato filosofia e dilettandosi in chimica. Secondo William, il loro matrimonio era armonioso e amici e vicini avrebbero testimoniato che non c’era nulla che facesse pensare a un tragico epilogo.
La sera di lunedì 19 gennaio 1931, William Wallace, 52 anni, arrivò al Liverpool Central Chess Club per giocare la consueta partita di scacchi. Gli venne consegnato un messaggio dal capitano del club Samuel Beattie, che aveva risposto a una telefonata per Wallace. Il chiamante si era identificato come “R. M. Qualtrough” e aveva chiesto che Wallace si recasse al “25 Menlove Gardens East” la sera seguente alle 19:30. per discutere di un contratto di assicurazione. “Voglio valutarlo in tutti i suoi dettagli”, disse la voce all’altro capo del telefono. L’uomo aggiunse che non poteva richiamare perché era il 21esimo compleanno di sua figlia ed era quindi particolarmente occupato. William prese il biglietto e lo mise in tasca, dicendo a Beattie che non conosceva nessuno con quel nome, ma sarebbe comunque andato a trovarlo l’indomani. I tempi erano duri nella Gran Bretagna dell’era della Depressione e Wallace intravedeva la possibilità di guadagnare un po’ di denaro.

La sera seguente, William terminò la sua giornata di lavoro presso la Prudential Assurance Company e tornò a casa, dove Julia nel frattempo aveva cenato. Quando la coppia finì di mangiare, Wallace le disse che aveva un incontro con un uomo che si sperava potesse stipulare alcuni contratti assicurativi.
Mentre William indossava il cappotto, aggiunse che sarebbe tornato a casa il prima possibile.

Alle 19:06 di quella sera, William Wallace salì sul tram a Lodge Lane per arrivare in orario all’appuntamento col misterioso signor Qualtrough.

25 Menlove Gardens East era un indirizzo che non conosceva, non ne aveva mai sentito parlare, conosceva solo vagamente quell’area. Durante il suo viaggio in tram, l’uomo ebbe modo di scambiare due chiacchiere con l’ispettore del tram, menzionando il posto dove stava andando. Wallace scese dal tram a quella che pensava fosse la fermata giusta e si mise alla ricerca dell’indirizzo.
Trovò Menlove Gardens North, South e West, ma nessun Menlove Gardens East. Chiese a diverse persone, tra cui un paio di agenti di polizia in servizio, se conoscessero la strada. Tutti risposero allo stesso modo: Menlove Gardens East non esisteva.

Esaurita la pazienza, Wallace rinunciò a questa esasperante caccia al tesoro e tornò a casa, riflettendo su chi poteva essere quell’uomo e perché aveva pensato bene di mandarlo a un indirizzo inesistente in una fredda e buia sera d’inverno.
Wallace arrivò a casa, solo per scoprire che non era in grado di aprire né la porta anteriore né quella posteriore. Entrambe sembravano bloccate dall’interno. I suoi vicini di casa, John e Florence Johnston, lo videro preoccupato e gli chiesero se avesse bisogno di aiuto. Disse loro che era stato fuori per diverse ore e che non poteva entrare in casa sua. Tuttavia, mentre il signore e la signora Johnston erano presenti, Wallace fece un altro tentativo cercando di aprire la porta sul retro e questa volta riuscì a entrare. «Adesso si apre», mormorò ai vicini. Quando entrò in casa si trovò di fronte a una scena orribile.

Julia era distesa davanti al fuoco a gas in salotto. Era stata colpita a morte con un oggetto pesante, con tale forza che il suo cranio era stato fracassato. “L’hanno finita, guarda il suo cervello…” commentò William, con una sorprendente mancanza di apparente emozione, rivolto al signore e alla signora Johnston, che erano in piedi dietro di lui sulla soglia.

La polizia intervenne subito per valutare la scena ed effettuare una perquisizione della casa e dell’area circostante. Notarono che non c’erano segni di effrazione, portandoli a credere che era stata Julia stessa a far entrare in casa l’uomo che poi l’avrebbe assassinata. Una piccola somma di denaro era stata rubata dalla casa, si trattava del pagamento di un’assicurazione stipulata dal marito qualche giorno prima. La polizia ipotizzò che si trattasse di uno stratagemma per dare l’impressione che l’omicidio fosse il risultato di una rapina andata male. La gestione delle indagini lasciò molto a desiderare; durante l’esame della scena del crimine, gli agenti vagarono per tutta la casa noncuranti della possibilità di alterare la scena del crimine, alcune impronte digitali che avrebbero potuto appartenere all’assassino, furono contaminate al punto da risultare inutili ai fini investigativi. Inoltre, il patologo trascurò di misurare la temperatura del corpo di Julia e quindi non fu possibile determinare il momento preciso della morte.
Quello che si sa è che l’omicidio fu frenetico e brutale. Il sangue era schizzato attraverso la stanza e sulle pareti, probabilmente anche sui vestiti all’assassino. Inoltre, un controllo dei lavandini e degli scarichi della casa rivelò che non erano stati utilizzati, questo faceva pensare che l’assassino se n’era andato senza lavare il sangue dai suoi vestiti o dal suo corpo.

Sebbene non vi fossero prove dirette contro di lui, la polizia iniziò presto a chiedersi se William fosse l’assassino di sua moglie e avesse organizzato l’incontro fasullo con il misterioso signor Qualtrough per sviare i sospetti da se stesso.
Gli investigatori ipotizzarono che William avesse chiesto indicazioni a varie persone alfine di costruirsi un alibi che lo scagionasse. Emerse che la telefonata della persona che chiese l’appuntamento era arrivata da una cabina telefonica distante soli 300 metri dalla casa della famiglia Wallace. Tuttavia, Samuel Beattie, che aveva risposto alla telefonata al Liverpool Central Chess Club, era fermamente convinto che la voce dall’altra parte della linea non fosse quella di William.

Gli inquirenti si interrogarono anche sul perché William avesse affermato che la porta sul retro della sua abitazione fosse chiusa a chiave ma, bastò la presenza di alcuni testimoni perché si aprisse miracolosamente. Gli investigatori trovarono anche un impermeabile sotto il corpo di Julia.

William non aveva una macchia di sangue sulla tuta che indossava, quindi la polizia ipotizzò che avrebbe potuto indossare l’impermeabile sul suo corpo nudo mentre eseguiva l’omicidio per proteggersi dagli schizzi di sangue.

Mentre gli investigatori stavano costruendo un caso contro William, l’insieme delle prove stava iniziando a pendere a suo favore. Numerosi testimoni affermarono di aver visto William sul tram intorno alle 19:06. quella sera, mentre altri dissero di aver visto Julia viva intorno alle 18:45. Questo lasso di tempo implicava che William avrebbe avuto solo circa 20 minuti per uccidere sua moglie, ripulirsi, disfarsi dell’arma del delitto, nascondere i soldi che mancavano dalla cassa e prendere il tram.

Nonostante questo, il 2 febbraio 1933 William Herbert Wallace viene arrestato e accusato formalmente dell’omicidio di sua moglie Julia.

William fu processato all’Assise di Liverpool. “Pochi omicidi più brutali potrebbero mai essere stati commessi: questa donna anziana e solitaria è stata brutalmente uccisa apparentemente senza alcun motivo”, dichiarò l’avvocato dell’accusa, Edward Hemmerde K.C.

Durante il processo, William sembrava distaccato, quasi freddo, mentre descriveva in dettaglio gli eventi intorno all’orribile omicidio di una persona cara. Quando prese la parola non riuscì mai a impressionare la giuria.

Come mai? In qualità di osservatore del processo, la scrittrice di gialli F. Tennyson Jesse scrisse: “Alla giuria non piaceva quell’uomo, né i suoi modi che molti interpretarono come una forma di stoicismo o insensibilità. Non capivano la sua mancanza di espressione, di partecipazione… e sapevano che nascondeva qualcosa. Avrebbe potuto nascondere il dolore o il senso di colpa. Così i giurati hanno fatto la loro scelta”.
Tutte le prove contro William erano circostanziali e non c’era nessun movente.
Nonostante nessuna prova a carico del signor Wallace fu definitiva ne comprovata, dopo tre settimane di dibattimento, e un’ora di camera di consiglio, la giuria condannò l’imputato a morte per impiccagione. (musica)

La sentenza fece molto discutere, in difesa del condannato intervennero politici, giornali e anche la Chiesa d’Inghilterra. Il 19 maggio, per la prima volta nella storia britannica, la Corte di Appello decise di annullare una condanna per omicidio “in assenza della ragionevole certezza in grado di giustificare il verdetto“. L’imputato uscì dall’aula da uomo libero. Tornato in libertà William Wallace dovette fare i conti con la posizione dell’opinione pubblica assolutamente cambiata rispetto a quella avuta durante il processo. Wallace era un uomo libero, ma era ancora accolto con sospetto. Si trasferì in un bungalow sul fiume Mersey dove, appena due anni dopo, morì. Alcuni imputarono la sua dipartita allo stress e al cuore spezzato dalla tragica vicenda giudiziaria. Quando morì fu sepolto accanto a lei.

Quindi, se William Herbert Wallace non era responsabile dell’omicidio di sua moglie, allora chi la uccise? Nel 1984, lo scrittore di gialli Roger Wilkes ipotizzò nel suo libro Wallace: The Final Verdict che il vero assassino di Julia Wallace fosse Richard Gordon Parry, un ex collega di lavoro di Wallace. Un altro ex collega disse alla polizia che Wallace aveva denunciato Parry per atti illeciti, il che portò Parry a essere licenziato. Nel suo libro, Wilkes afferma che Parry voleva vendicarsi di Wallace, quindi avrebbe fatto la telefonata da casa sua così da avere il tempo di commettere l’omicidio mentre Wallace era fuori alla ricerca dell’indirizzo inesistente. Durante le ricerche sul caso, Wilkes trovò un nuovo testimone; un meccanico in pensione di nome John Parkes, che affermò che la notte dell’omicidio di Julia Wallace, aveva lavato un’auto per Parry. Mentre puliva l’interno dell’auto, si imbatté in un guanto macchiato di sangue, che Parry si affrettò a gettare via rapidamente.

Il libro di John Gannon The Killing of Julia Wallace indicò un altro sospettato dell’omicidio: Joseph Caleb Marsden. Gannon ipotizzò che Wallace sapeva di non avere molto da vivere e decise che non voleva trascorrere i suoi ultimi anni con la sua odiata moglie. Secondo Gannon, Wallace assunse Parry per fare la telefonata fasulla al fine di fornire a Wallace un alibi di ferro per il momento dell’omicidio.

Tuttavia, Gannon sostenne che né Wallace né Parry commisero l’omicidio, ma Marsden. Gannon affermò che Marsden stava per sposarsi in una famiglia benestante, ma Wallace aveva scoperto che aveva una relazione sessuale con Julia. Questo aveva dato a Wallace l’opportunità di ricattare Marsden e convincerlo, in cambio del suo silenzio, a uccidere sua moglie per lui. Durante l’indagine iniziale, tuttavia, il nome di Marsden emerse come nient’altro che una conoscenza sia di Wallace che di sua moglie.
Dal 1931, il cosiddetto “omicidio perfetto” di Julia Wallace è stato indagato e riesaminato numerose volte. Tuttavia, gli esperti hanno ancora opinioni contraddittorie sulla colpevolezza di William Herbert Wallace. Circolavano molte ipotesi fantasiose, da William che aveva una relazione con la sorella di Julia a Julia che era stata assicurata e uccisa da William per i soldi.
Una delle teorie più bizzarre sul caso è che William fosse un discepolo segreto dell’occultista Aleister Crowley con una tossicodipendenza, che aveva numerose relazioni alle spalle di sua moglie. Tuttavia, nessuna prova ha mai corroborato queste speculazioni.

Guardando il caso con un occhio analitico, emergono solo una serie di circostanze sospette, ma niente che possa essere considerato una prova. Non c’è nessun fatto, un movente che dimostri la colpevolezza di Wallace.

L’omicidio di Julia Wallace continua a sfidare ogni spiegazione. Il romanziere poliziesco Raymond Chandler ha giustamente definito il caso come “l’impareggiabile di tutti i misteri dell’omicidio … l’omicidio impossibile, perché Wallace non avrebbe potuto farlo e nemmeno nessun altro”.