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Casi Criminali – Kathleen Folbigg

“L’amore materno significa pace, non si deve né inseguirlo né meritarlo.”

–Erich Fromm–

Esiste qualcosa di più forte del legame tra una madre e suo figlio? È scientificamente dimostrato che la donna si trasforma non solo fisicamente ma anche cerebralmente quando diventa madre. Questi cambiamenti hanno il fine di garantire la protezione del piccolo, una cosa che avviene anche in tutte le altre specie animali. Rispetto all’amore fraterno e quello erotico, che sono essenzialmente sullo stesso piano, i rapporti madre-figlio si basano su quella che gli esperti chiamano relazione asimmetrica. Da un lato la richiesta di aiuto da parte del figlio e dall’altro la disponibilità della madre a soddisfare questo bisogno.

È per questo carattere altruistico che il rapporto madre-figlio è considerato la più alta forma d’amore e forse il più sacro tra i vincoli affettivi. In alcuni rarissimi casi però, qualcosa in questo fortissimo legame si rompe e quando questo succede le conseguenze possono essere drammatiche, talvolta letali.
Col caso di oggi amici, andiamo in Australia, vi parlerò di Kathleen Folbigg, da molti considerata la peggior serial killer donna della storia di quel paese.
Kathleen è nata il 14 giugno 1967, nemmeno due anni dopo la sua nascita, suo padre Thomas Britton uccise sua madre a Sydney quando era completamente ubriaco, cosa che gli succedeva spesso. La piccola venne data in affido fino al 1970, quando fu mandata in un orfanatrofio e in seguito in affido permanente dove sarebbe rimasta per diversi anni.

Era ancora adolescente quando conobbe Craig Folbigg. Kathy lavorava come cameriera in un ristorante indiano. Aveva abbandonato la Kotara High School all’età di 15 anni per lavorare alla cassa di una locale stazione di servizio. Le cose tra i due andavano bene tanto che nel 1987, decisero di sposarsi. Kathy aveva 20 anni, lui 26. Un anno dopo il matrimonio, acquistarono una piccola casa nel quartiere operaio di Newcastle, a nord di Sydney. Craig aveva un buon lavoro come perito automobilistico. Entrambi volevano diventare genitori e avere una famiglia. Tutto ciò che avrebbero voluto ora per completare la loro vita era un bambino.

Le amiche del liceo si ricordavano di Kathy come una studentessa tranquilla, una come tante altre con la solita cerchia di conoscenze. Craig era un fanatico appassionato di auto. La prima volta che vide Kathy pensò che fosse sexy e questo lo fece subito innamorare di lei. Uscivano insieme bevevano, ballavano e si divertivano. Si frequentarono fino al 1985, l’anno dopo andarono a vivere insieme. Craig sentiva di avere una casa di nuovo per la prima volta da quando sua madre morì di emorragia cerebrale, all’età di soli 43 anni.

Suo padre in seguito si risposò ma la morte di sua madre aveva lasciato un vuoto in Craig che lui riuscì a colmare solo quando conobbe Kathy. Provò sin da subito un profondo sentimento per lei, una sorta di stordimento che forse gli impedì di accorgersi del lato oscuro della personalità di Kathy.
La loro fotografia di matrimonio mostra una giovane coppia piena di amore e speranza. Kathy appariva raggiante, i suoi occhi fissi su Craig, il viso acceso da un bellissimo sorriso di felicità. Anche per Craig quello era stato uno dei giorni più belli della sua vita. Nel maggio 1988, il desiderio di un bambino dei due fu esaudito quando Kathy rimase incinta. Entrambi erano al settimo cielo e si dettero da fare con lo stesso entusiasmo che hanno tutti i genitori in attesa del loro primo figlio: allestirono insieme la cameretta del bambino e comprarono tutto quello che serviva per dare il benvenuto al nuovo membro della famiglia.

Caleb Gibson Folbigg nacque il 1 febbraio 1989 al Western Suburbs Maternity Hospital di Newcastle. Fu un lungo travaglio di quasi 18 ore e per Kathy fu necessaria un’anestesia epidurale prima che il bambino fosse in grado di nascere. Fortunatamente tutto andò bene. Il piccolo aveva superato tutti i controlli previsti per un nascituro: il battito cardiaco, la respirazione, il tono muscolare, i riflessi; insomma alla fine tutto era andato come previsto. Dopo la separazione dalla madre per alcune ore, il piccolo fu riconsegnato tra le braccia di Kathy che era esausta ma felice. Entrambi rimasero in ospedale per altri cinque giorni. La madre cominciò la convalescenza e riprese a camminare normalmente solo dopo un mese. Craig vedeva quanto Kathy fosse felice di essere mamma, lei però non sembrava a suo agio quando doveva allattare il piccolo al seno. Questo inizialmente creò dei problemi anche al bambino e le infermiere si videro costrette a parlare con Kathy affinché facesse un altro tentativo per il bene del piccolo Caleb.

Il bambino in seguito cominciò ad avere difficoltà a respirare con il naso, questo rendeva la sua alimentazione difficile. Succhiava il latte poi improvvisamente si doveva fermare e dopo aver fatto uno strano suono con la bocca, si staccava dal seno per respirare due o tre volte. Poi riprendeva a bere. Al padre questa cosa non sembrava normale ma durante il periodo in cui Kathy e il bambino rimasero in ospedale non sembrò preoccupare più di tanto il personale medico. Il problema si ripresentò una volta tornati a casa tanto che i due genitori furono a costretti a far vedere il bambino da un pediatra dell’ospedale, il dottor Barry Springthorpe. Kathy e Craig volevano sapere come mai Caleb avesse tutti quei problemi durante l’allattamento. Il dottore era un esperto di problemi di sviluppo del bambino, aveva istituito nel 1976 un’unità di controllo per il corretto sviluppo dell’infanzia nell’ospedale di Newcastle. Nel corso della sua lunga carriera, aveva avuto a che fare anche con casi di abusi sui bambini, acquisendo una discreta esperienza in materia. Quando esaminò il piccolo Caleb dopo due settimane dalla sua nascita, non trovò nessun segno di abuso.

Era il 17 febbraio del 1989 e in quell’occasione fu felice di scattare una foto della madre e del piccolo. I genitori furono molto rassicurati dalla visita del pediatra. In buona sostanza il piccolo Caleb soffriva di un difetto causato da una scarsa rigidità del tessuto della laringe che collassa leggermente nella fase di inspirazione e espirazione. Questo provocava un respiro un po’ rumoroso specialmente quando il bambino piangeva. Kathy chiese al dottore se questo poteva interferire con il sonno di Caleb ma il pediatra la rassicurò dicendole che poteva stare tranquilla. Secondo il dottore infatti quel tipo di disturbo sarebbe migliorato fino a scomparire entro il primo anno di età. Kathy tornò a casa felice di dire a Craig che il loro figlio stava bene. Sollevati dalla notizia, entrambi passarono i giorni successivi giocando col bambino. “Guarda il naso è uguale al mio” esclamava Kathy con orgoglio mentre Craig sosteneva che gli occhi erano decisamente somiglianti a quelli del papà. Due giorni dopo la visita del dottor Springthorpe, i due genitori portarono il piccolo Caleb a casa di John, il fratello di Craig. Passarono tutta la giornata lì e Craig ebbe modo di ammirare quanto erano belli Caleb e Kathy insieme. Anche il piccolo sembrò divertirsi fino a quando verso sera cominciò a sentirsi stanco, così decisero di tornare a casa.

Durante il viaggio di ritorno, Caleb si addormentò quasi subito fino a quando Kathy non lo svegliò una volta in camera per cambiargli il pannolino e mettergli un pigiama giallo. Prima di dormire, gli dette il latte in polvere che bevve senza nessun problema. Entrambi lo guardarono addormentarsi prima di andare a letto anche loro un paio d’ore dopo. Caleb sembrava dormire tranquillamente, aveva una coperta bianca che lo copriva fino al collo e la luce accanto a lui era accesa per permettere a Kathy di dargli da mangiare durante la notte. Craig nel frattempo si era addormentato, aveva il sonno pesante al punto che se fosse esplosa una bomba in camera sua non si sarebbe svegliato. Per questo al bambino ci pensava Kathy. Spesso capitava che Caleb si svegliasse piangendo durante la notte e la madre si alzava per farlo mangiare.

Kathy prima che arrivasse suo figlio dormiva benissimo e a lungo, agli amici diceva che a volte le capitava di dormire fino a tarda mattinata. Con l’arrivo di Caleb tutto era cambiato, il bambino si svegliava ogni tre o quattro ore e quando succedeva lei non poteva fare a meno di alzarsi. A causa delle difficoltà respiratorie del figlio, dargli da mangiare era diventata una cosa lunga, poteva durare anche più di mezz’ora. Lei si sedeva nella sedia del soggiorno con Caleb in braccio, teneva le luci soffuse nella camera e lo faceva mangiare ascoltando attentamente i suoi respiri. Quando il bambino aveva finito e si era addormentato, Kathy lo rimetteva al letto. Insomma, tutto sembrava procedere regolarmente ma quello che stava per succedere di lì a poco avrebbe cambiato le loro vite per sempre.

La notte del 20 febbraio Craig si addormentò rapidamente mentre Kathy come faceva di solito dovette alzarsi in piena notte per far mangiare Caleb. Il piccolo era in uno stato di dormiveglia ma alla fine sua madre riuscì a farlo mangiare prendendo le dovute pause che permettessero al bambino di respirare. Nel corso della notte, si alzò per andare in bagno e andò a controllare se il piccolo stesse bene. Si accorse subito che qualcosa non andava, il bimbo non respirava e aveva le labbra viola. Chiamò immediatamente Craig per tre volte prima che l’uomo si precipitasse in camera. Il padre si rese subito conto della gravità della situazione, sdraiò il piccolo Caleb sul divano tentando di praticargli la respirazione bocca a bocca, poi non sapendo più cosa fare chiamò l’ambulanza. Gli operatori arrivarono quasi subito. I genitori erano entrambi in preda al panico, Craig portò Kathy in camera da letto mentre i paramedici tentavano di rianimare il bimbo. Gli praticarono un massaggio cardiaco, il corpo era ancora caldo ma pallido intorno alla bocca. Era in stato di arresto cardiaco. Arrivarono altri paramedici con l’elettrocardiografo, tutti stavano cercando disperatamente di salvare la vita del piccolo Caleb.

Trentanove minuti dopo essere arrivati a casa Folbigg, David Hopkins, il responsabile dell’ambulanza intervenuta quella notte informò Kathy e Craig che il loro figlio era morto. Caleb aveva appena 19 giorni. Nel suo rapporto ufficiale, Hopkins, scrisse che si trattava di “Sindrome della morte improvvisa del lattante”.
I due genitori erano distrutti, furono affidati a un’organizzazione che forniva assistenza e supporto morale in casi analoghi. Su consiglio degli operatori, ristrutturarono la casa, cambiarono la moquette e resero più luminosa la camera da letto del bimbo. Kathy e Craig non vedevano l’ora di avere un altro figlio. Non passò molto tempo prima che lei restasse incinta di nuovo. La mattina del 3 giugno 1990 Kathy iniziò il travaglio. Questa volta non ebbe bisogno di farmaci o pinze e tutto fu molto più rapido e regolare del precedente. Craig arrivò in tempo per veder nascere Patrick Allen David Folbigg. Il nuovo arrivato non aveva nessuno dei problemi respiratori del fratello.

Nei primi due mesi, Kathy si svegliava presto, verso le tre o le quattro, come aveva fatto con Caleb. I genitori erano contenti, sembrava che Patrick crescesse senza alcun problema. Poi però quello stato di calma apparente fu rotto la notte di mercoledì 17 ottobre 1990 quando Craig fu svegliato da un urlo terrificante di sua moglie. Quello che era stato il loro incubo peggiore, stava accadendo di nuovo. Anche in questo caso, l’uomo corse giù verso la stanza del piccolo. Trovò Kathy in un angolo in preda al panico. Prese suo figlio in braccio e si rese conto che respirava ancora, iniziò a fargli la respirazione cardio polmonare esattamente come gli avevano fatto vedere i paramedici dell’associazione. Nel frattempo, Kathy chiamò l’ambulanza. Alle 4,41 di giovedì 18 ottobre 1990, David Hopkins arrivò sul posto e si trovò nella stessa situazione che aveva vissuto solo un anno e mezzo prima. Prese Patrick, gli tolse i vestiti dalla parte superiore del corpo e notò immediatamente che era pallido e faticava a respirare.

Il bimbo aveva un livello di coscienza ridotto e stava lottando disperatamente con tutti i muscoli del suo addome e quelli intercostali per far entrare aria nei suoi piccoli polmoni. Hopkins capì che doveva trasportarlo immediatamente all’ospedale, durante il tragitto gli somministrarono dell’ossigeno e il piccolo reagì positivamente. Alle 4.52, tutto il personale disponibile si attivò per dare a Patrick le cure del caso. Dopo una notte travagliata il piccolo sembrò migliorare, vennero fatte analisi approfondite, encefalogramma, tac, esami del sangue. Il dottor Wilkinson che lo prese in cura sapeva della morte di Caleb, il fratello di Patrick. Valutò la possibilità che ci fosse un problema di famiglia ma tutte le analisi furono negative. Tre giorni dopo il ricovero, il piccolo fu preda di convulsioni, provocate da quel principio di asfissia di cui era stato vittima. Secondo il dottore, quel bambino di quattro mesi era epilettico e gli prescrisse un barbiturico per tenere sotto controllo le convulsioni di cui soffriva.

Fu dimesso dall’ospedale senza che il mistero delle sue condizioni fosse risolto. Craig Follbigg non dimenticherà mai il giorno del suo 29° compleanno. Dopo una serie infinita di consultazioni con specialisti e medici in ospedale arrivò una notizia terribile per i due genitori. Il piccolo Patrick era praticamente cieco, o meglio, avrebbe potuto mettere a fuoco una persona davanti a lui ma se questa si fosse spostata anche leggermente lui avrebbe perso la percezione di questo movimento. Secondo lo specialista Wilkinson, questo deficit visivo era stato causato dai vari eventi di asfissia di cui il bimbo aveva sofferto. Ormai era chiaro a Craig e Kathy che Patrick avrebbe avuto bisogno di un’attenzione particolare oltre a quella che normalmente si dedica a un bambino. Questo fece sì che in seguito la madre si sentisse sotto pressione e non nascose questo suo disagio neanche davanti al marito. Craig cominciò ad avere dei dubbi sulle capacità di sua moglie di affrontare un compito così difficile e stressante.

Patrick nonostante l’epilessia e i problemi alla vista, era tranquillo e sorridente, con un temperamento equilibrato. Il 13 febbraio 1991, fecero come al solito colazione tutti insieme. Il piccolo aveva otto mesi, beveva latte e mangiava cibi solidi.
Alle 7.30 Craig salutò suo figlio per andare al lavoro, Kathy si mise a fare il bucato e a pulire la casa mentre Patrick faceva un pisolino. Lei andava a controllare spesso che tutto fosse a posto, quando poco prima delle 10 tornò nella stanza vide che Patrick era molto pallido. Si sentì crollare il mondo addosso, non poteva essere un altro attacco. Non ne aveva da molto tempo ormai. Eppure i sintomi erano esattamente quelli che avevano ucciso Caleb. Chiamò sua cognata che arrivò da lei e la trovò in lacrime con i gomiti sulle ginocchia e la testa bassa. Patrick era disteso sul letto, in stato di incoscienza. Craig fu avvertito e arrivò insieme all’ambulanza che si occupò di portare il piccolo all’ospedale. Il dottor Wilkinson lo prese subito in cura ma dopo un paio d’ore non poté fare a meno di certificare la morte di Patrick, causata da un attacco epilettico che non aveva superato.

Craig fu devastato da quella disgrazia, Kathy la prese un po’ diversamente, cercava di non pensare a quello che era successo. La perdita di due figli a breve distanza l’uno dall’altro con le stesse modalità segnò entrambi profondamente. Vivere ogni giorno dentro quella casa diventava sempre più difficile. Decisero di trasferirsi da un’altra parte. Passò qualche mese, Craig e Kathy sembravano ormai aver accettato la possibilità di non avere figli quando una sera lei confessò al marito che le sarebbe piaciuto provare ad averne un altro. Craig semplicemente non poteva affrontare il pensiero di avere un altro bambino ma lei insistette, gli disse che era pronta a rischiare. In realtà quello era un ultimatum: se lui non le avesse dato la possibilità di essere una madre normale, lei se ne sarebbe andata. La donna pretese una risposta entro una settimana e alla fine lui si convinse. Non ci volle molto, un anno dopo la morte del piccolo Patrick, Kathy era di nuovo incinta.

Sarah Folbigg nacque il 14 ottobre del 1992 senza particolari problemi al John Hunter Hospital di Newcastle. Craig e sua sorella Carol erano entrambi lì per veder nascere quella bellissima bambina dagli occhi blu e i capelli biondi. Dopo qualche giorno di ospedale, Kathy e la piccola Sarah vennero mandati a casa. Visti i precedenti, gli addetti dell’associazione che seguivano i Folbigg, gli consegnarono una speciale coperta dotata di un allarme. In pratica, quel dispositivo li avrebbe avvisati nel caso in cui la bimba non si fosse mossa per lungo tempo. Questo fu una notevole fonte di stress per Craig e Kathy perché di notte era un allarme continuo e lei si doveva alzare per controllare che tutto fosse a posto. Craig si rese conto che questo stava pregiudicando la salute mentale di sua moglie. Lei inoltre non se la sentiva più di fare la mamma a tempo pieno e nei fine settimana trovò un lavoro che le permetteva di distrarsi almeno un po’. Lui accettò di occuparsi della piccola Sarah. La bimba oltretutto non dormiva per più di 20 minuti e questo obbligava i genitori a frequenti risvegli notturni.

Qualche tempo dopo, mentre tutto sembrava procedere regolarmente, Craig per l’ennesima volta fu risvegliato da un urlo che lacerò il silenzio della notte.
Non poteva essere ancora quello che lui temeva. Si precipitò giù per le scale fino alla stanza della piccola Sarah. Trovò Kathy che piangeva e urlava con una mano sulla porta. Craig entrò dentro e vide sua figlia nel lettino in una posizione innaturale, la prese in braccio e sentì che era ancora calda. Urlò a Kathy di chiamare l’ambulanza, nel frattempo cominciò a soffiarle in bocca nel disperato tentativo di vedere una reazione. Quando arrivarono i paramedici, Sarah fu spostata dal letto al pavimento, le praticarono un massaggio cardio-polmonare. La bimba era cianotica e bluastra, non respirava e aveva del muco in bocca. Decisero di somministrarle dei farmaci cardiaci ma la bambina non rispondeva, provarono in tutti i modi per 40 lunghissimi minuti.
Alla fine si arresero, anche la piccola Sarah non riuscì a superare quella crisi, esattamente come Caleb e Patrick.

Tutto si era ripetuto con le stesse tragiche modalità, come se fosse il copione di un film horror. Ma era tutto vero. A Craig toccò il compito di riconoscere ufficialmente sua figlia di fronte alla polizia. Fu eseguita un’autopsia che non evidenziò nulla di anomalo, sì insomma non c’erano segni di abuso o di malnutrizione. Anche Sarah secondo i medici era stata vittima della sindrome della morte improvvisa del lattante. Craig ripercorse mentalmente quella notte e ricordò chiaramente che 20 minuti prima dell’urlo di Kathy, si era alzato per andare in bagno e aveva notato che né sua moglie, né la piccola erano in camera da letto. C’era una domanda che lo tormentava: perché? Ne parlò con Kathy che fu molto vaga su questo, insomma non seppe rispondere, farfugliò qualcosa che lasciò Craig confuso. Due anni dopo la morte della loro figlia, i due non parlavano quasi più ed erano sempre più distanti. Poi decisero di separarsi, Kathy cominciò a vivere per conto suo e a uscire con sua sorella, voleva dimenticare il passato.

Craig soffriva in modo particolare di questa separazione, vedeva che lei se la cavava bene anche senza di lui. Ricominciò a contattare Kathy chiedendole di ricominciare quello che avevano interrotto. Ci volle un po’ ma alla fine anche lei si convinse che quella fosse la cosa migliore da fare. Tornarono a vivere insieme nel maggio del 1996. Tutto sembrava andare a gonfie vele fino a quando arrivò la proposta di Kathy: la donna non riusciva a rinunciare al desiderio di diventare madre e ora, nonostante tutto, voleva un altro figlio. Craig fu sorpreso da quella richiesta, ne avevano già discusso in passato e avevano deciso che essere genitori non sarebbe stato più un ostacolo per la loro relazione. Diventare padre era una cosa che lui aveva definitivamente accantonato. Ma Kathy insisteva ancora come nei due anni prima che nascesse Sarah. Che senso aveva essere sposati se non si metteva su una famiglia? Lei continuava a ripetere che quello era stato il periodo migliore della loro vita. Lui non era d’accordo ma alla fine pur di non perderla si convinse.

Decise di contattare prima il dottor Seton a Sydney, il medico conosceva la loro situazione ed era a capo dell’unità che si occupava di patologie dell’infanzia in un ospedale cittadino. Craig e Kathy andarono a trovarlo e lui disse loro che non vedeva un motivo per cui non avrebbero dovuto avere un altro figlio. Craig era lacerato. Voleva ardentemente essere padre, ma non voleva affrontare più il dolore di una perdita. Nel novembre 1996 Kathy scoprì di essere incinta, il loro quarto figlio nacque subito dopo la mezzanotte del 7 agosto 1997. Laura Folbig era una bellissima bambina dagli occhi azzurri e Craig la tenne in braccio a lungo sperando che stesse bene. Tutte le analisi confermarono che la bambina era in buona salute. Kathy riuscì ad allattarla al seno, cosa che non era riuscita a fare con gli altri figli. La respirazione e il battito cardiaco della piccola sembravano regolari, Laura aveva superato tutti i test approfonditi ai quali era stata sottoposta.

Quello che preoccupava medici e infermiere era piuttosto il distacco apparente che Kathy sembrava avere nei confronti di sua figlia. I due genitori comunque uscirono rassicurati dall’ospedale, la loro figlia sembrava non avere tutti i problemi di cui avevano sofferto Caleb, Patrick e Sarah. A casa, Laura dormiva accanto al letto dei suoi genitori e il suo stato di salute era sempre monitorato tramite degli elettrodi collegati al suo corpo. Tutti i dati venivano inviati in tempo reale all’ospedale e analizzati. L’allarme era attivo, specie di notte. Nel caso in cui la piccola non avesse respirato anche solo per un secondo, i genitori sarebbero stati avvisati da un segnale acustico. Come era successo in precedenza, era sempre Kathy che si alzava di notte per assistere la piccola Laura. Dopo sei settimane, la vita si era stabilizzata con Craig che non badava più all’allarme e dormiva mentre Kathy si occupava della bambina da sola. Poi i dati cominciarono ad arrivare sempre meno all’ospedale, questo significava che Kathy di giorno monitorava raramente lo stato di salute di sua figlia. Quando Craig lo venne a sapere, chiese spiegazioni a sua moglie.

Lei gli rispose che la bimba stava bene e non aveva bisogno di tutti quei controlli. Questo fu la causa di molte discussioni tra i due ma alla fine anche Craig si convinse del fatto che di giorno i controlli non fossero così necessari. Kathy ormai da qualche anno aveva l’abitudine di tenere un diario dove annotava esperienze, desideri e insoddisfazioni. A volte scriveva di quanto avrebbe voluto una vita da sola, lontana da suo marito e sua figlia. Altre volte si lamentava del fatto di non essere una buona madre, spesso si vergognava di se stessa. Nonostante questo, la piccola Laura cresceva bene e presto avrebbe festeggiato il suo primo anno di vita. Ad agosto fecero una grande festa intorno alla gigantesca piscina del cortile dei Folbiggs. Laura era riuscita a vivere più a lungo di tutti i suoi fratelli e questo era motivo di gioia per tutti. Ma mentre la sua salute migliorava, il rapporto tra i suoi genitori era sempre più difficile da quando Laura aveva iniziato a camminare intorno agli 11 mesi e a diventare sempre più indipendente. Kathy era sempre più irritabile con Craig e arrabbiata con Laura quando non faceva quello che sua madre le diceva.

I due genitori avevano cominciato a dormire in stanze separate. Kathy frequentava una palestra e usciva di sera con le amiche anche durante la settimana.
Ormai la loro comunicazione era affidata alle lettere. Una volte lei scrisse a Craig che lo considerava oppressivo e deprimente, lui fu devastato da questo, sentiva il bisogno di parlarle, cosa che non facevano più da molto tempo. Una notte decisero di passare molte ore a parlare del loro rapporto e insieme arrivarono a un accordo. Da quel momento in poi, sarebbero stati più attenti ai bisogni dell’altro e conclusero quella discussione con un abbraccio. Laura aveva compiuto 19 mesi e Craig era tornato a dormire in camera con sua moglie. Era tardi un venerdì pomeriggio, quando l’uomo tornando a casa, trovò Kathy che era pronta ad uscire per passare la serata con le sue amiche. Questo voleva dire che toccava a lui occuparsi delle bambina almeno fino al ritorno di sua moglie. Una cosa che cominciava a ripetersi un po’ troppo spesso. Sembrava quasi che la madre evitasse di passare del tempo con la figlia.

Craig ne parlò con sua moglie, lei gli raccontò un episodio successo qualche giorno prima. Kathy senza volerlo aveva fatto cadere la piccola che era rimasta senza fiato prima che lei la rimettesse al letto. Era il segnale dell’insofferenza della madre nei confronti della bambina. Sì insomma Kathy si sentiva soffocare, avrebbe voluto del tempo per sé che invece non aveva. Un’altra volta fu Craig ad assistere a un episodio che lo fece preoccupare. Vide sua moglie che dava da mangiare dei cereali a Laura dopo averle bloccato le mani sulla superficie del seggiolone. La piccola si contorceva e si girava mentre gemeva in segno di protesta. Quando lui le fece notare che stava esagerando, Kathy prese la figlia, la mise a terra e le disse: “ Vai dal tuo fottuto padre”. Ormai litigavano in continuazione anche davanti alla figlia, mandandosi reciprocamente a quel paese. Un giorno quando Craig era nel suo ufficio ricevette una chiamata da Kathy.

Il suo tono era stranamente rilassato, quasi allegro. Si scusò con Craig per essere stata intrattabile in questo ultimo periodo, parlarono al telefono della loro relazione con toni pacati, cosa che non accadeva da tempo. Decisero di vedersi per prendere un tè quella mattina insieme alla bambina. Laura arrivò in ufficio e saltò letteralmente addosso a suo padre cominciando a giocare. Madre e figlia si fermarono in ufficio da Craig per quasi un’ora. Poi la piccola cominciò ad essere stanca, Kathy la prese in braccio e fece per uscire, lui le accompagnò fino al cancello. La madre mise Laura sul seggiolino e la piccola da dietro il vetro della macchina salutò suo padre. Quella fu l’ultima volta che Craig vide sua figlia viva. Dopo neanche un’ora, l’uomo fu chiamato d’urgenza in ospedale dove trovò sua moglie in lacrime e la piccola Laura distesa su un letto circondata dai medici. Fece per entrare ma lo bloccarono, non capiva cosa stesse succedendo. Poi dopo qualche minuto, un dottore uscì fuori e gli comunicò che il cuore di sua figlia aveva smesso di battere. Non poteva crederci, era successo di nuovo, andò a parlare con sua moglie.

Kathy aveva messo la piccola al letto per fare il bucato e le pulizie in casa mentre Laura era collegata al monitor che segnalava eventuali anomalie. La madre disse di aver sentito per un istante la bambina tossire ma di non aver dato importanza a quella cosa finendo quello che aveva da fare. Poi quando andò a controllare nella sua camera, si rese conto che la bambina era cianotica. Chiamò subito l’ambulanza che arrivò dopo pochi minuti. Laura aveva il battito rallentato e non respirava. Capirono che la situazione era gravissima, per l’ennesima volta un figlio dei Folbigg veniva trasportato d’urgenza all’ospedale. Purtroppo come abbiamo visto, la sorte della piccola Laura fu la stessa dei suoi tre fratelli. Quella stessa notte, lunedì 1 marzo 1999, Craig e Kathy iniziarono lo straziante compito di raccogliere le cose della bambina e metterle via nella sua camera da letto. Craig era distrutto, guardò sua moglie mentre riponeva le foto di Laura in una scatola. Il giorno dopo il detective Ryan si presentò a casa dei Folbigg per fare qualche domanda alla madre. Cercò di usare tutto il tatto di cui era capace, vista la situazione.

Dopo aver ascoltato il racconto dettagliato della donna, Ryan promise a se stesso che avrebbe fatto tutto il possibile per scoprire la verità sulla morte di quei bambini. Nei giorni seguenti fu un via vai di amici e parenti a casa dei Folbigg. Molti notarono come Craig fosse sinceramente sconvolto mentre lei appariva fredda, quasi distaccata. Poi tutti se ne andarono e loro restarono da soli in quella casa. C’era un silenzio irreale, Craig decise di mettere via tutte le cose che appartenevano alla bambina. Non poteva più sopportare di vederle in giro. Cominciò a rovistare nei cassetti e tra le forcine e le mollette per capelli trovò il diario di Kathy. Sì proprio quello dove la donna aveva annotato tutto nel corso degli ultimi anni. Lui sapeva di quel diario ma non aveva idea di cosa ci fosse scritto. Non seppe resistere alla tentazione di leggerne il contenuto.

 

Quella decisione avrebbe cambiato per sempre il corso della loro vite. Niente sarebbe stato più come prima. C’erano scritte cose che a lui sembrarono terribili, Kathy faceva riferimento alla sua incapacità di essere una madre all’altezza. In particolare un passaggio fece inorridire Craig. Riferendosi a Laura, Kathy aveva scritto: “Penso che questa bambina meriti tutto quello che posso darle, considerando che non ho dato nulla agli altri.” Cercò di dare un significato a quelle parole. La mente di Craig tornò a quella sera in cui si era alzato e non aveva trovato Kathy né sua figlia Sarah al letto, poco prima che la piccola morisse. Continuava a chiedersi: cosa era successo realmente quella notte? Nella sua mente cominciò ad affacciarsi il terribile sospetto che sua moglie avesse ucciso tutti i suoi figli. Le mani gli tremavano mentre continuava a leggere il diario. Anche se in quelle pagine non c’era una confessione vera e propria, molte frasi facevano pensare al peggio. Era come se improvvisamente tutte le tessere del puzzle fossero andate al loro posto.

Ora gli sembrava tutto chiaro. Gli venne in mente che i suoi figli erano sempre stati soli con la madre al momento delle crisi. Pensò a lungo a cosa fare, poi decise di chiamare il detective Ryan. Nel frattempo il patologo dottor Cala si occupò dell’autopsia della piccola Laura. Esaminò il suo sistema cardiovascolare, quello respiratorio, il sistema gastrointestinale, i reni, la milza, il cuore, il sangue, i polmoni, insomma una radiografia completa del corpo. L’unica anomalia era il collasso polmonare e la presenza di sangue nei polmoni. Il che era compatibile con la diagnosi di sindrome della morte improvvisa del lattante ma anche con il soffocamento. Era difficile in un caso come questo stabilire l’esatta causa della morte della piccola. Il detective Ryan gli chiese di effettuare un esame approfondito anche sui corpi di tutti i figli dei Folbigg. Il risultato di quelle perizie fu inquietante: soffocamento deliberato. Insomma, secondo il referto del patologo, Caleb, Patrick, Sarah e Laura erano stati tutti assassinati. Ora toccava al detective Ryan trovare chi era stato. Lui aveva visto il cadavere della piccola Laura in ospedale e si sentiva molto coinvolto perché aveva una figlia della stessa età. Questo lo spinse a trovare il colpevole di quegli omicidi a tutti i costi.

Insieme alla sua squadra cominciò a raccogliere campioni di tessuto dei bambini dei Folbigg per fare ulteriori test. Poi arrivò l’incontro con Craig che gli rivelò tutte le incongruenze dei racconti di sua moglie e una parte del contenuto del diario. L’uomo confessò al detective che leggere i pensieri intimi di sua moglie aveva improvvisamente dato un senso a molte cose strane della sua vita. Quella per Ryan era la pistola fumante che stava cercando. 5 giorni dopo Craig Folbigg consegnò il diario di sua moglie alla polizia. Pensò che era ancora innamorato di lei e alle conseguenze che quello che stava per raccontare alla polizia avrebbe avuto sulla vita di tutti. Il giorno dopo aveva l’appuntamento col detective Ryan. Dopo quel colloquio, la polizia interrogò a lungo Kathy. Nel corso della sua deposizione, la donna cadde spesso in contraddizione e confessò tutta la sua insofferenza nei confronti del ruolo di madre che la soffocava.

Nel corso delle indagini emersero altri diari. Tutti erano pieni di rabbia e frustrazione, in particolare uno, scritto sette anni dopo il primo fece rabbrividire il detective Ryan. Secondo l’uomo le frasi contenute in quel diario erano compatibili con la volontà della donna di uccidere i propri figli. Inoltre altri patologi avevano confermato la tesi del dottor Cala, ovvero che la causa della morte di quei poveri bambini era stata soffocamento deliberato. Nel giugno del 2000, Craig e Kathy si erano separati definitivamente, lei stava frequentando un altro, un tizio che aveva conosciuto in palestra. L’anno successivo, il 20 aprile Kathleen Folbigg comparve davanti al tribunale per affrontare quattro capi di imputazione per omicidio. Le prove dell’accusa si basavano sulle dichiarazioni del marito, gli estratti dei suoi diari e i referti di alcuni patologi di Australia, Stati Uniti e Inghilterra.

I giudici sono arrivati alla conclusione che tutte le morti dei bambini erano state causate da soffocamento. La donna fu incarcerata nella prigione femminile di Silverwater in attesa del processo. In seguito i suoi avvocati presentarono diverse domande di libertà su cauzione. Una di queste fu accettata per consentire a Kathy di preparare la sua difesa. Il processo cominciò il 1 aprile del 2003 a Sydney. Durante il dibattito in aula, furono letti dei passi dei diari di Kathy e mostrati dei filmati dei figli della donna. Vennero ascoltati amici, parenti e soprattutto i patologi che avevano esaminato i cadaveri dei poveri bambini. Dopo un mese e mezzo arrivò il giorno della sentenza, mercoledì 21 maggio 2003, Kathleen Folbigg aveva 35 anni. Si presentò in aula col volto teso, era pallida e magra. Sapeva che 12 giurati avrebbero deciso della sua vita nelle ore successive. Quando il giudice Barr pronunciò la sentenza di colpevolezza per tutti i capi di accusa, in aula risuonarono urla di approvazione mentre lei scoppiò in lacrime con le mani sulla faccia.

Dopo il processo Kathleen Folbigg fu visitata per ben 5 volte da uno psichiatra forense. La conclusione fu che la donna soffriva di un disturbo antisociale della personalità derivante dalla sua difficile infanzia. In seguito a ottobre del 2003 fu confermata la condanna a 40 anni di carcere con possibilità di libertà condizionata fissata per il 21 aprile del 2033. Va detto che per tutto il tempo del processo, Kathleen Folbigg ha insistito sul fatto di essere innocente e che i suoi figli erano stati tutti vittime della sindrome della morte improvvisa del lattante. Negli ultimi anni, inoltre 90 scienziati hanno sostenuto l’innocenza della donna. Secondo loro, nuove prove genetiche suggerivano che i bambini fossero effettivamente morti per cause naturali e chiedevano che la sentenza fosse rivista. Carola Vinuesa, immunologa dell’Australian National University di Canberra, e un membro del suo team, il dottor Todor Arsov, hanno accettato di sequenziare il genoma della signora Folbigg dopo che lei aveva dato il suo consenso in prigione l’8 ottobre 2018.

Entrambi hanno trovato che la signora Folbigg aveva una rara mutazione in quello che è noto come il gene CALM2. I difetti in uno qualsiasi dei tre geni CALM creano essenzialmente aritmie cardiache che possono causare arresto cardiaco e morte improvvisa durante l’infanzia. Solo circa 75 persone nel mondo sono note per avere mutazioni CALM patogene, ha detto il professor Vinuesa, inclusi alcuni genitori senza sintomi. Ma in almeno 20 di questi casi i bambini sono morti e in molti altri hanno subito un arresto cardiaco. Ciò era particolarmente vero quando c’erano fattori scatenanti che facevano salire l’adrenalina. Uno di questi è la pseudoefedrina, un farmaco che la piccola Laura stava assumendo quando è morta. Utilizzando campioni di sangue e tessuti di tutti e quattro i bambini, prelevati poco dopo la loro nascita, un team di genetisti, tra cui il professor Vinuesa e il dottor Arsov, ha successivamente scoperto che Sarah e Laura avevano entrambe la stessa mutazione della madre. A quel punto, gli avvocati della signora Folbigg, sono riusciti a ottenere un’indagine formale sul caso. La professoressa Vinuesa ha condiviso i dettagli genetici con la corte in una serie di rapporti tra la fine del 2018 e l’inizio del 2019.

Molte delle persone coinvolte, incluso un esperto mondiale di mutazioni CALM, il Prof. Michael Toft Overgaard, hanno presentato le loro scoperte a una rivista internazionale sottoposta a revisione paritaria. Il documento è stato pubblicato a novembre. Ulteriori ricerche sui genomi di Caleb e Patrick hanno rivelato che avevano varianti genetiche rare separate, che negli studi sui topi sono state collegate a crisi epilettiche letali precoci. Insomma, secondo 90 eminenti scienziati queste evidenze scientifiche sarebbero la prova dell’innocenza di Kathleen Folbigg. Tra loro ci sono John Shine, presidente dell’Accademia australiana delle scienze; ed Elizabeth Blackburn, premio Nobel per la medicina nel 2009 che insegna all’Università della California, a San Francisco. Tutti hanno firmato una richiesta di grazia per la donna. La giustizia australiana però non ha accolto questo appello e al momento la donna sta finendo di scontare la sua pena. La maggioranza dell’opinione pubblica nel suo paese e non solo la considera colpevole.
Tu cosa ne pensi, è stata davvero lei a uccidere i suoi figli?